mercoledì 12 giugno 2013

Come gestire bambini impossibili - Genitori strategici si diventa - Bern...


domenica 2 giugno 2013

PROBLEM SOLVING STRATEGICO e COMUNICAZIONE STRATEGICA

Paul Watzlawick e Giorgio Nardone

In letteratura si possono trovare differenti modelli di Problem Solving, quello Strategico è stato formulato in maniera originale da Giorgio Nardone e dai suoi collaboratori, in virtù della ultra ventennale esperienza nel risolvere problemi e disfunzioni individuali e relazionali, organizzative e manageriali.
Il Problem Solving Strategico si può applicare per definizione a qualunque tipologia di problema e ad ambiti decisamente diversi tra di loro poiché questo è un metodo di ricerca-intervento empirico sperimentale, tanto che è stato il fondamento metodologico per la messa a punto delle numerose forme specifiche di intervento terapeutico e di comunicazione strategica sviluppate presso il nostro Istituto e applicate con successo a decine di migliaia di casi clinici e a centinaia di problemi manageriali. In altri termini è la metodologia su cui si fondano i diversi approcci applicativi: dalla psicoterapia, al coaching, al counseling, sino agli interventi nelle aziende e organizzazioni.
Lo sviluppo del Problem Solving Strategico nasce da tradizioni antiche, quella ellenica della retorica dei sofisti e quella cinese dell'arte dello stratagemma, ovvero, le antiche arti di risolvere apparentemente irrisolvibili situazioni mediante l'uso di stratagemmi e modi di comunicare suggestivi e persuasori, oltre che una epistemologia avanzata che si rifà alla teoria della comunicazione nata in ambito antropologico con G. Bateson, agli sviluppi costruttivisti della teoria cibernetica (H.von Foester, E. von Glaserfeld), agli studi sul linguaggio persuasorio di Milton Erickson e ai principi teorico-applicativi della comunicazione approfonditi dal Mental Research Institute di Palo Alto (P. Watzlawick, Weakland, Fish, Jackson) e alla branca specialistica della logica matematica nota come «logica strategica» (Elster, 1979, 1985; Da Costa, 1989a, 1989b; Nardone, Salvini, 1997; Nardone, 1998).
Le sue strategie non sono frutto di un improvviso atto di creatività, ma sono basate sull'applicazione di un sistematico e rigoroso metodo di ricerca, attraverso una precisa logica (non ordinaria) di intervento che fanno si che rigore ed inventiva si complementino e si alimentino a vicenda, poiché come sosteneva G. Bateson Il rigore da solo è morte per asfissia la creativa da sola è pura follia”.
Tale logica si differenzia dalle logiche tradizionali (ordinarie) per la sua caratteristica di mettere a punto il modello di intervento sulla base degli obiettivi prefissati e delle specifiche caratteristiche del problema affrontato, piuttosto che sulla base di una teoria precostituita.
In altri termini, si rinuncia a seguire ciecamente una qualsiasi prospettiva rigida che fornisca, in maniera deterministica, indicazioni su come procedere o pretenda di dare una descrizione aprioristica ed esaustiva dei fenomeni che si stanno studiando e sui quali si vuole intervenire.
“L’imperativo metodologico” infatti è: sono le soluzioni che spiegano i problemi e non le spiegazioni che guidano alle soluzioni. Pertanto la tecnologia del cambiamento si evolve sulla base della sua efficacia e non sulla base di teorie da provare, si osserva quindi il passaggio da una metodologia ipotetico–deduttiva a una costitutivo–deduttiva, ovvero: invece di conoscere per cambiare, cambiare per conoscere (Watzlawick, Nardone, 1997). Una prospettiva, questa, chiaramente non ordinaria che, attraverso stratagemmi, espedienti non lineari, ci consente di costruire una realtà nella quale si può ottenere un cambiamento laddove prima non era possibile. Non devono infatti stupire risultati talvolta eclatanti tanto da essere dichiarati magici poiché come indicava A. C. Clarke “una tecnologia abbastanza avanzata è indistinguibile dalla magia”.

I 13 STRATAGEMMI


Problem Solving e Comunicazione

 
Ci sembra cruciale mettere in risalto il fatto che, per applicare con efficacia il modello di PSS, è necessario non solo il «sapere», bensì anche il «saper fare», ovvero la capacità di comunicare agli altri e a se stessi consentendo di evadere dalla trappola degli schemi mentali e comportamentali.
Difatti alle strategie e tecniche di PSS si affianca l'utilizzo deliberato e consapevole della comunicazione persuasoria, veicolo principale per produrre cambiamenti ed effetti positivi (risoluzione di problemi o raggiungimento di obiettivi nella realtà organizzativa oggetto dell'intervento).
Logica di problem solving e comunicazione rappresentano le due anime dell’approccio strategico; non può esistere problem solving strategico senza una comunicazione strategica, e viceversa.
Poiché il primo rappresenta il metodo che guida l’intervento, la seconda è il veicolo che ne permette l’applicazione. Il linguaggio, i gesti e le azioni, sono il bisturi del problem solver che, se usato con precisione chirurgica, può condurre a esiti straordinari, viceversa, se usato senza maestria non sarà possibile operare alcun cambiamento chirurgico.

Problem Solving e scuola

      Come ben raffigura la vignetta di Chaunu i tempi sono cambiati: quarant’anni fa i genitori erano spontaneamente complici degli insegnanti; oggi non più. In quei tempi, che sembrano ormai lontanissimi, era facile attuare un’educazione “in solido”: genitori e insegnanti erano schierati dalla stessa parte con lo scopo di rendere la vita dei ragazzi non tanto facile ma certamente più produttiva. Da qualche decennio a questa parte tra genitori e insegnanti la sintonia è diventata sempre meno scontata, e spesso i genitori si presentano nei confronti degli insegnanti con uno sguardo vigile, per controllare se fanno bene il loro dovere: se qualcosa non funziona in classe certamente una colpa c’è... e non è dei bambini. 
Questo cambiamento relazionale viene spesso vissuto dagli insegnanti con ansia e frustrazione e la domanda è: <<Che cosa facciamo allora?>>. Questa domanda nasce dallo stupore che non è più sufficiente avere un ruolo perché questo venga riconosciuto e rispettato dagli altri. Se sei insegnante, sindaco, sacerdote, politico, l’aver raggiunto questo ruolo non porta automaticamente con sé il fatto che gli altri ti daranno rispetto, che ti percepiranno come un punto di riferimento, come un’autorità; d’altronde non basta più neanche essere un genitore perché tuo figlio ti porti rispetto.
<<Che cosa facciamo allora?>>. Questa domanda sembra davvero senza risposta e nasce dal ritenere che siamo figli di un’epoca nuova e bizzarra che mai si è presentata prima nella storia umana. Ma una risposta c’è, e si trova molto indietro nei secoli, in quell’epoca in cui sono stati indicati i princìpi grazie ai quali è possibile acquistare autorevolezza quando questa non viene concessa così facilmente. Si tratta di far memoria dell’antica arte cinese dello stratagemma. 
Diceva Sun Tzu: <<Il mare calmo governa i fiumi tumultuosi perché li governa dal basso>>. 
Dal basso, non dall’alto. Quando un genitore non riconosce il tuo ruolo di insegnante, il rispetto lo si acquisisce dal basso, non dall’alto; con la morbidezza, non con la rigidità; con l’astuzia, non con la forza della pretesa. Se si è innescato uno scontro frontale tra chi pretende rispetto e chi non lo vuole concedere, aumentare ulteriormente la pretesa aumenterà ulteriormente il conflitto; chiedere con ancora più autorità il rispetto del proprio ruolo, aumenterà ulteriormente la negazione di quanto richiesto. Infatti solo chi è veramente forte può ammorbidirsi; chi si irrigidisce mostra solo la propria fragilità. La morbidezza è il veicolo principale dell’astuzia.  
<<Lei è una pessima insegnante! I suoi programmi didattici valgono davvero poco!>>.
Ecco una risposta “dall’alto”: <<Insegno da 20 anni! Vuole venire lei a dire a me com’è che devo insegnare?!>>. Cosa immaginate che possa succedere dopo questo tipo di risposta? 
“Dall’alto” non funziona.
Vediamo adesso una risposta “dal basso”. Un giorno una maestra di una bella cittadina vicino Torino mi disse: <<Una mamma ha portato via dalla scuola suo figlio a metà dell’anno scorso; da allora continua a parlare male di noi maestre, della scuola, dei nostri programmai. Il paese è piccolo e lei ha la bocca larga!>>. Era davvero molto innervosita. Le chiesi se, dopo che questa mamma aveva iniziato a parlare male della scuola, ci fosse stato un crollo di iscritti. La maestra mi disse di no; anzi l’anno successivo c’erano stati perfino più iscritti. Se l’avesse incrociata nei giorni successivi (e la cosa era molto facile che accadesse) le suggerii di fermarla e di dirle con grande calma: <<Sai, so che stai parlando molto male della scuola, di noi maestre e dei metodi che usiamo; il paese è piccolo e le persone me lo vengono a riferire... Ti volevo ringraziare per quello che stai facendo, perché da quando hai iniziato a parlare male della scuola sono aumentati gli iscritti. Per favore, continua a farlo>>. “Dal basso” funziona.
Bernardo Paoli - Psicologo Torino