Il rapporto che si instaura con l'insegnante di tuo figlio influirà moltissimo nella sua educazione, ecco perché è fondamentale stabilire un rapporto di fiducia. La relazione che si crea dovrebbe assomigliare ad un "passaggio" nell'affidamento del figlio, che in questo modo imparerebbe a vedere l'insegnante come il suo punto di riferimento nell'ambiente scolastico. Se da parte dei genitori c'è stima, anche tuo figlio riconoscerà il suo ruolo autorevole.
Ma non sempre comunicare con l'insegnante è facile, perché alcune volte si rischia di usare parole non utili, dando adito a fraintendimenti e malumori. La base per dar vita a un dialogo costruttivo è porsi su un piano di rispetto all'insegnante e al suo ruolo. A volte molti genitori si pongono in modo superiore convinti di conoscere meglio di ogni altro il proprio figlio.
Questo è vero, ma andrebbe ricordato loro che ogni genitore conosce il proprio bambino appunto nel ruolo di figlio, non di alunno. Il rapporto quindi può essere diverso. È importante porsi in modo cooperativo affidandosi all'insegnante nel processo educativo, mantenendo ruoli diversi. Inoltre, è fondamentale che il genitore rispetti le sue dinamiche d'insegnamento senza criticarlo davanti al figlio.
Se c'è qualcosa che non condivide, dovrebbe parlarne direttamente con l'insegnante, (del resto è lo stesso metodo che dovrebbero mantenere i coniugi quando educano i propri figli: mai squalificarsi a vicenda davanti a loro). Attenzione quindi a non confondere i due ruoli: se quello di madre, ad esempio, è impostato su una determinata modalità educativa, quello dell'insegnante non dovrà necessariamente ricalcare lo stesso approccio. Anzi, per il bambino è utile e formativo confrontarsi con stili diversi tra loro .
COLLABORARE IN ARMONIA: per aiutare la conoscenza del bambino, può essere d'aiuto parlare con l'insegnante della personalità del bambino e delle sue eventuali difficoltà emerse a casa, come ad esempio il suo timore per la scuola o per l'insegnante. Raccontare all' insegnante quali sono i modi di reagire di tuo figlio nei momenti in cui si sente in difficoltà, può aiutare a "leggere" i suoi segnali non verbali, senza fraintendere.
È un modo di indirizzare a capire il problema e a non sottovalutarlo, a sostenere il bimbo nell'inserimento in classe in maniera più serena. Attenzione però a non intervenire in maniera continua: una volta passato all'insegnante il compito di comprendere eventuali problemi o le caratteristiche caratteriali e comportamentali di vostro figlio, bisogna lasciare spazio alla relazione tra di loro.
Invece SE VUOI OTTENERE un EFFETTO CATASTROFICO con l'INSEGNANTE
ecco LE FRASI da DIRE:
1. "Sono in ansia quando lo lascio a scuola": questo fa intendere che non hai fiducia, che non gli/le stai affidando il bambino fino in fondo. L'insegnante potrebbe interpretare una frase come questa in modo svilente. Se il genitore si mostra eccessivamente ansioso, il bambino potrebbe assorbire questo stato d'animo, sentirsi fuori luogo a scuola ed avere difficoltà a fidarsi a sua volta del maestro/a.
E ciò potrebbe rendere il lavoro all'insegnante molto difficoltoso.
2. "Mio figlio non viene volentieri": è un'affermazione che sottintende una responsabilità dell'insegnante, perché sembra voler dire "è colpa tua". Questa frase potrebbe essere sostituita da: "secondo lei mio figlio si trova bene, o ha qualche difficoltà?", per lasciare aperta la possibilità di confronto.
3. "Non mi piace il suo metodo": una dichiarazione di guerra.
Una frase del genere svaluta l'insegnate e il suo ruolo, pone il genitore su un piedistallo da cui l'insegnante viene guardata dall'alto in basso. Secondo voi come si sentirà l'insegnante? I due ruoli, invece, sono differenti e separati. Non è quindi il caso di dare direttive su come deve lavorare. Se qualcosa non va, bisognerebbe piuttosto cercare di comprendere il motivo ma soprattutto come persiste il problema. E' più utile, tra genitore ed insegnante incontrarsi su un terreno di confronto e non di scontro.
4. "Penso ci sia disparità di trattamento tra mio figlio e gli altri alunni": è una frase con una sfumatura paranoica, che fa sentire l'insegnante controllato, giudicato nel suo mestiere e quindi infastidito. Esprime un atteggiamento intrusivo, un non-rispetto dei confini tra o ruoli. Vostro figlio condizionato dal giudizio del genitore potrebbe rischiare di isolarsi.
5. "I compiti per casa assegnati sono troppi": è un giudizio critico, che detto così chiude il discorso senza lasciare possibilità di controbattere, e che costringe l'insegnante a mettersi sulla difensiva. Meglio dire: "mio figlio ha difficoltà a finire tutti i compiti", cercando di capire insieme come superare il problema.
5. "I compiti per casa assegnati sono troppi": è un giudizio critico, che detto così chiude il discorso senza lasciare possibilità di controbattere, e che costringe l'insegnante a mettersi sulla difensiva. Meglio dire: "mio figlio ha difficoltà a finire tutti i compiti", cercando di capire insieme come superare il problema.
6. "Quel voto non mi sembra giusto!": questa affermazione implica un desiderio implicito di sostituirsi all'insegnante nella valutazione scolastica del figlio. Lo stesso concetto si può esprimere in una domanda che esprima cooperazione, che faccia sottintendere che il bambino ha volontà di migliorare e che il genitore è pronto da sostenerlo. Si potrebbe dire: "c'è un modo in cui posso aiutare/seguire mio figlio per recuperare?".
In questo modo si rende evidente all'insegnante la volontà di cooperare.
7. "Non ha finito il tema perché il pomeriggio ha lezioni di danza/calcio ecc.": frasi simili danno a intendere che si dà più importanza all'attività alternative che alla scuola. Potrebbe indispettire l'insegnante, oltre a dare un'idea sbagliata sull'importanza dei vari impegni del figlio. Certo, qualche volta può accadere, ma non va usata sempre come scusa né abitudine.
8. "Il bimbo si annoia in classe": una frase simile sminuisce il lavoro dell'insegnante, perché lo si accusa di non essere capace di insegnare nel modo corretto o interessante. La noia è vista come una responsabilità dell'altro. È importante, invece, mantenere aperto il discorso, riportandolo sul bambino, ricercando il ruolo attivo dell'insegnante. Si potrebbe per esempio dire: "mio figlio dice che ha problemi a mantenere l'attenzione, potrebbe aiutarlo a trovare il modo di concentrarsi?".
9. "Dovrebbe cambiare posto a mio figlio perché non va d'accordo con il compagno di banco": non intromettersi mai nelle dinamiche della classe, a meno che non si sospettino cose gravi. Un'antipatia va gestita autonomamente dal bambino, ed è compito dell'insegnante valutare l'equilibrio del gruppo. Si potrebbe in questo caso consigliare al bambino stesso di parlarne con l'insegnante. Oppure si potrebbe informare che questo disagio esiste, senza suggerire come risolvere la situazione. Cercando di portare alla luce il problema, ma si lascia all'insegnante il compito di trovare il modo migliore per risolverlo.
10. "Il prossimo anno cambieremo scuola": questo è un annuncio di guerra, da evitare perché va a incrinare il rapporto con l'insegnante, creando un'atmosfera tesa e controproducente per il bambino. Anche se si sta valutando questa opzione, non è il caso di esprimerla apertamente. Meglio cercare un confronto con l'insegnante, per capire se il rapporto si possa migliorare prima di prendere decisioni drastiche.